Le ricerche scientifiche continuano ad elogiare le molteplici funzioni positive dell’ozio, di quel riposo profondo e rigenerativo di cui l’essere umano ha bisogno per funzionare al meglio. Eppure, anche in ferie, riuscire a staccare davvero dal proprio lavoro, dai propri ruoli, è un’impresa ardua e a tratti disorientante, come ci racconta Lara Bellardita, psicoterapeuta e dottore di ricerca in psicologia clinica. Dal 2004 svolge attività clinica, di ricerca e divulgazione sulla qualità di vita, sulla salute mentale e sul benessere psicologico.
Come mai spesso ci si ritrova a pianificare e a vivere le ferie così come si farebbe se ci si trovasse a lavoro?
Partirei da una premessa, siamo quasi tutti talmente abituati a essere oggetto di mille stimoli ambientali che la sola esperienza dello “staccare” può, almeno inizialmente, diventare ansiogena. Ciò si verifica perché non appena gli stimoli che coinvolgono i nostri cinque sensi diminuiscono si crea un vuoto che non siamo abituati a vivere. Questo provoca una sorta di disorientamento che spesso induce a riempire il tempo delle ferie programmando una serie di attività che vadano a riempire le giornate. Si tratta di una modalità di cui è importante prendere consapevolezza, perché tutti noi abbiamo bisogno di creare dei momenti, e questo durante tutto l’anno, di stacco dagli stimoli sensoriali circostanti. C’è poi un altro aspetto, questa volta di natura emotiva, che ci conduce a organizzare i periodi di ferie con le stesse modalità che di solito adottiamo a lavoro o nello studio, ed è il senso di colpa e la vergogna legati al non fare, al non essere sempre performanti. Si usa dire che l’ozio sia il padre di tutti i vizi; per alcune persone è tipico provare senso di colpa o vergogna quando non si “produce”. Queste emozioni sono di natura sociale, emergono dal modo in cui ci sentiamo rispecchiati dagli altri, da come pensiamo essi ci percepiscano, qualche volta a prescindere da come in realtà ci vedono davvero. Se, ad esempio, pensiamo che agli occhi degli altri risultiamo come quelli sempre attenti, controllati, performanti, ecco che allora faremo più fatica a concederci quello spazio per un sano e meritato riposo. Atteggiamenti di questo tipo sul lungo periodo possono portare a un aumento del rischio di stress cronico e burnout lavorativo. Il senso di colpa e la vergogna, però, non si provano solo rispetto al non essere performanti sul lavoro. Pensiamo, ad esempio, a un libero professionista o un’ imprenditrice e alla fatica che potrebbe fare rispetto al concetto di ferie, di non lavoro, al timore di non fare abbastanza per provvedere al benessere della propria famiglia. Inoltre, ci si può sentire in colpa nel momento in cui, durante le vacanze, invece di pensare a quello che desiderano i figli, i genitori, le altre persone della nostra famiglia, pensiamo a quello di cui avremmo bisogno noi.
Come si può modificare quest’attitudine nei confronti del tempo libero?
É fondamentale sfatare lo stigma sociale secondo cui oziare non sia positivo; bisognerebbe considerare il riposo come una responsabilità da assumersi con serietà. Può sembrare strano, ma la logica della responsabilità nasce dal fatto che il riposo è fondamentale sia dal punto di vista del benessere fisico che psicologico. Ognuno di noi ha infatti bisogno di riposare per “resettare”, a livello del corpo, della mente e delle emozioni. È quindi fondamentale autorizzarsi lo spazio per riposare e non far diventare le ferie l’ennesimo tour the force. È importante trovare un equilibrio tra il legittimo desiderio di sfruttare al massimo i giorni che sono liberi dagli impegni lavorativi, e che per questo ci offrono la possibilità di fare attività fuori dalla routine quotidiana, e la necessità di riposare. È utile prendere in considerazione sia le attività che possiamo considerare come riposo attivo, come può essere il fare una passeggiata, dipingere, leggere, solo per fare qualche esempio, sia il riposo passivo, ossia il sonno. Durante il sonno infatti, avvengono diversi processi di riparazione dei tessuti ed esso ha un grande impatto sul funzionamento del nostro sistema immunitario. Gli studi evidenziano come una scarsa qualità e/o quantità di sonno abbiano un impatto negativo sul nostro fisico e sulla nostra mente. Ad esempio, alcune ricerche collegano l’aumento di malattie cardiovascolari e l’incremento di peso proprio alla scarsa quantità/qualità del sonno. La mancanza di riposo ci porta anche più frequentemente a una disregolazione emotiva e di conseguenza a una propensione a farci travolgere dalle nostre emozioni.
Esistono dei consigli generali che ognuno potrebbe mettere in atto durante le ferie per riuscire a prendersi cura di sé?
Bisogna concepire le ferie un po’ come una sorta di manutenzione straordinaria, l’occasione per prendersi cura di sé in maniera diversa dal solito. Per esempio, creando l’occasione di trascorrere tempo nella natura. Numerosi studi hanno dimostrato che l’esperienza di stare immersi nella natura è associata a un aumento del benessere psicologico e a una diminuzione del livello di stress. Le ferie sono quindi un momento ideale per compiere un viaggio, o una gita, che consentano di staccare da quello che è il nostro ambiente quotidiano, soprattutto se questo è molto urbano, per dirigerci verso montagne, colline, boschi, spiagge. Anche solo un paio di ore immersi in un contesto di questo tipo produce effetti positivi sulla salute fisica e mentale. Inoltre, l’immersione nella natura sollecita il senso di meraviglia. Diversi studi evidenziano come il meravigliarsi rispetto a qualcosa che sentiamo più grande di noi abbia effetti benefici non solo sulla nostra salute psicologica, ma anche rispetto alla nostra apertura nei confronti degli altri. Il senso di meraviglia emerge quando ci facciamo stupire dalla bellezza di un paesaggio ma anche davanti a opere d’arte o altre espressioni artistiche. Le ferie possono essere quindi anche un’occasione per esplorare eventi nella propria città che possano far emergere il senso di meraviglia: visitare monumenti o mostre, assistere a concerti o manifestazioni di ballo. Le ferie sono inoltre anche un’occasione per praticare piccoli atti di manutenzione ordinaria. Approfittando del fatto di avere più tempo a disposizione, potremmo sperimentare tutte quelle attività che una volta rientrati a casa possiamo provare a introdurre nella nostra routine quotidiana e portare così avanti tutto l’anno come pratiche di cura di sé. Ad esempio? Dedicare un quarto d’ora a esercizi di stretching o di respirazione oppure iniziare a tenere un diario. Spesso consiglio alle persone, proprio durante lo stacco dal lavoro, di tenere un diario che faciliti la riflessione su di sé, per appuntarsi le cose di cui sono grate o per riflettere sui propri punti di forza.
Ma come mai è così difficile fare manutenzione ordinaria durante l’anno e ci si ritrova sempre, o quasi, a recuperare solo durante le ferie?
La prima cosa che le persone mi dicono è che non hanno mai tempo. Tuttavia, quando poi si getta l’occhio a quanto tempo in realtà ognuno dedica al proprio smartphone scrollando le pagine social ecco che vediamo quanto spazio avremmo potuto dedicare a fare qualcosa per prenderci cura di noi. Poi ci sono altre ragioni più profonde. Da una parte subentra quella mancanza nel darsi l’autorizzazione per prendersi il tempo per sé, e questo lo vedo anche coi genitori che hanno figli piccoli o adolescenti e che pensano che il tempo dedicato a sé stessi venga sottratto ai figli. Anche in questo caso dovremmo rovesciare la questione. Infatti, affinché i figli possano imparare a prendersi cura di sé è importante che siano i genitori, e in generale le figure adulte che li circondano, a dare loro l’esempio, un modello da seguire. Forse se vedessimo la questione da questa prospettiva, troveremmo la motivazione per fare manutenzione. Da un’altra parte, purtroppo spesso si tende a sottovalutare l’importanza del riposo, e più in generale della cura di sé; questo lo vedo spesso con gli studenti che quando sono sotto esami fanno degli orari dissennati e vivono in maniera non salutare: non escono di casa, non fanno due passi, dormono quattro ore a notte. Tutto ciò in realtà è controproducente, perché l’assenza di riposo, e di quelle attività che contribuiscono alla cura di sé, influisce negativamente sulla capacità di concentrazione. Sarebbero sufficienti 20 minuti di attività fisica al giorno, o per meditare, per essere più produttivi e per migliorare lo stato di benessere psicologico. Nella mia pratica clinica spesso sottolineo il fatto che è una nostra responsabilità quella di prenderci del tempo per fare della buona “manutenzione ordinaria”, ognuno trovando una routine che possa essere sostenibile sul lungo periodo, perché solo così tutto può funzionare meglio, si possono avere le risorse mentali ed emotive per occuparsi del proprio benessere psicologico e di quello di chi ci sta a cuore.
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