Con la firma del Manifesto “Salute mentale bene in comune” è ufficialmente iniziata la seconda edizione di M4MH. Un’iniziativa che farà della città di Milano il cuore delle riflessioni e dei confronti sul tema della salute mentale, coinvolgendo i professionisti del settore, le associazioni e la cittadinanza tutta, affinché si possa finalmente uscire da quella nebbia di pregiudizi che ancora impedisce di cogliere il disagio mentale nel suo insieme. Un fenomeno che nel solo 2019 ha portato l’1,4% degli italiani a rivolgersi a un professionista della salute mentale, e si tratta di una cifra sottostimata, se si considera che la patologia con l’incidenza più alta è la depressione e proprio chi ne è affetto è facile che eviti di farsi aiutare, come ci ha raccontato il Prof. Alberto Siracusano, direttore Uoc di Psichiatria e Psicologia clinica e del Dipartimento clinico Salute mentale del Policlinico Tor Vergata di Roma, autore dei saggi “Risalire in superficie. Conoscere e affrontare la depressione” (2017), “Ira funesta. Imparare a gestire la rabbia” (2019) e “Perché mentiamo. Cosa nascondono le bugie” (2023), nonché coordinatore del nuovo tavolo del lavoro tecnico sulla salute mentale voluto dal Ministro della Salute Orazio Schillaci. Il Prof. Siracusano è anche tra gli ideatori e sostenitori del Manifesto di Milano “Salute mentale bene in comune”, di cui si sottolinea, in particolar modo, il contributo sul contrasto della povertà vitale.

Prof. Siracusano, che cosa l’ha spinta a partecipare e sostenere il manifesto di questa seconda edizione di Milano 4 Mental Health?

La necessità di promuovere una nuova cultura sul tema della salute mentale, che vuole contrastare la scarsa conoscenza che coinvolge i problemi legati al benessere mentale. Ad esempio, un semplice dato ci dice come ancora oggi lo stigma attorno alla cura della depressione sia molto marcato: uno studio, infatti, mostra come il 47% delle persone affette da questo disturbo non acceda alle cure e non lo faccia perché possiede una scarsa cultura su che cosa significhi avere una depressione, sul come curarla ed affrontare il conseguente percorso terapeutico. Un altro motivo per cui è importante il manifesto M4MH è perché accende i riflettori sulle diverse cause profonde oggi alla base del disagio psichico. E ciò lo si può constatare osservando quello che accade tra i giovani, spesso coinvolti in episodi di violenza, di aggressività e di bullismo che oggi sono molto diffusi e che hanno delle forti radici in quelli che vengono definiti i determinanti psico-sociali della salute mentale, come ad esempio la povertà vitale descritta nel manifesto di M4MH.

Ed in che modo la povertà vitale impatta sulla salute mentale delle persone e come si può contenere?

È noto che viviamo in una società fortemente condizionata da relazioni patologiche ed è altrettanto risaputo, perché ne sono stati studiati gli effetti quantitativi, quale sia la grande influenza della povertà economica sul benessere delle persone. È quindi importante prendere atto che i cambiamenti sociali hanno un impatto sul benessere psichico del singolo e della collettività. In questo contesto la povertà vitale è oggi un concetto molto diffuso tra i professionisti della salute mentale e che ci aiuta a definire proprio quella mancanza di riferimenti affettivi, valoriali, di incertezza affettiva per il futuro, di insicurezza progettuale rispetto a ciò che fino a qualche anno fa guidava la società e che oggi, invece, si rivela assai fragile. E tale fragilità non riguarda solo i ragazzi, come si potrebbe essere erroneamente indotti a pensare, ma anche i genitori e le istituzioni. La povertà vitale è un concetto che significa soprattutto fare cultura sulla salute mentale e su quello che sono i valori e il benessere di una società.

E a suo avviso come mai la società di oggi si rivela così fragile?

Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistiti a grandi e profondi cambiamenti che la società non è stata capace di gestire al meglio. Si pensi ad esempio al concetto di ecological mental health, che nasce proprio per rispondere al disagio psicologico indotto dai cambiamenti climatici, con il loro aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai e il timore per il futuro a noi prossimo. Ed ancora, la tecnologia che ha completamente modificato i sistemi di comunicazione e di relazione, e, aimè, ha portato l’insorgenza di nuove patologie come quelle da dipendenze sia comportamentali sia tossicodipendenze. Ed è pur vero che quest’ultime erano già presenti prima dell’avvento delle nuove tecnologie, ma esse ne hanno creato varianti nuove e dalle caratteristiche più pericolose. Un altro grande cambiamento evolutivo della società, questo, che bisognerà studiare e su cui far cultura per capire che cosa può essere più utile affinché vi sia meno questo disagio. Ad oggi, ad esempio, sappiamo che alcuni fenomeni, come la solitudine, incidono fortemente in tutte le età. I giovani sono infatti soli come lo sono gli anziani e si tratta di una solitudine che non si può ridurre alla mera mancanza di comunicazione, ma che deriva da un senso più profondo di non appartenenza al mondo.

In questo quadro sociale di profondi cambiamenti quale pensa sia il ruolo della politica nella gestione della salute mentale?

È sicuramente un ruolo centrale perché i tecnici possono anche proporre delle soluzioni, delle iniziative e dei progetti, ma poi è la politica che li deve attuare nelle modalità più corrette ed equilibrate. In particolar modo, nel caso della salute mentale sappiamo tutti che esiste una grande carenza di fondi, i quali sono però necessari per una serie di provvedimenti ad oggi non più rinviabili. Come ad esempio la carenza di personale e di strutture, e per questi occorrono interventi strutturali per garantire la continuità e le diverse tipologie delle cure, e ciò è indubbiamente compito della politica.

Può fornirci qualche esempio di intervento strutturale?

Per esempio occuparsi dei LEA della salute mentale, ovvero dei livelli minimi di assistenza, o, ancora, ammodernare le strutture, sia fisicamente, sia per quanto concerne il personale, potenziandone i servizi e differenziandoli a seconda della fase evolutiva del paziente. Si pensi ad esempio alla neuropsichiatria infantile che sino a qualche anno fa non presentava grandi numeri, oggi, invece, le richieste sono aumentate enormemente producendo delle liste d’attesa lunghissime. E questo solo per poter garantire delle visite rispetto a un servizio che è molto carente in fatto di personale.

Sempre in termini di prestazioni sanitarie, qual è il ruolo che gioca la farmacologia? Ed è ancora avvolta da uno stigma, quasi fosse un tabù?

C’è ancora uno stigma legato all’utilizzo degli psicofarmaci. Il fatto è che noi sappiamo, dalle evidenze cliniche, che i trattamenti integrati, tanto di psicoterapia quanto di psicofarmacologia, sono necessari per affrontare la complessità dei disturbi della salute mentale. I quali non sono riconducibili a un’unica causa, ma presentano alla loro base una complessa multifattorialità.

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